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In questa sezione sono trattate in maniera molto sintetica alcune delle più frequenti patologie di interesse neurochirurgico, con puro fine informativo. Le informazioni riflettono le recenti conoscenze mediche sulle tematiche ed il punto di vista dell'autore.


- L'ernia del disco lombare.
- Gli aneurismi intracranici.
- Le fratture vertebrali.



L'ernia del disco lombare.

Il disco intervertebrale è una sorta di “ammortizzatore” di forze che si sviluppano tra una vertebra ed un’altra. L’ernia del disco  è una patologia degenerativa del disco intervertebrale, dovuta alla fuoriuscita di materiale del disco stesso (il nucleo polposo) dal  cosiddetto "anulus" fibroso, una struttura che costituisce l'involucro esterno del disco. ernia_discoLa rottura o lo sfiancamento del disco  sono in genere secondari ad una degenerazione o invecchiamento, un fenomeno che parte dalle cartilagini discali. L’ernia discale è un fenomeno dinamico a prognosi favorevole nella maggior parte dei casi. Infatti le ernie del disco intervertebrale nella maggior parte dei casi si riassorbono del tutto, e  la sintomatologia ad esse associata regredisce di frequente con i trattamenti conservativi. Le ernie più’ frequenti sono quelle lombari seguite da quelle cervicali e dorsali. Il termine protrusione  è riferito allo schiacciamento da parte del nucleo delle fibre dell’anello.Tuttavia ciò’ non comporta una rottura delle fibre dell’anello stesso, come accade nell’'ernia, ma il suo schiacciamento, soprattutto a livello del legamento longitudinale posteriore.In rapporto al grado di fuoriuscita del nucleo si possono avere:

Ernia contenuta: quando il disco presenta una sporgenza circoscritta nel canale vertebrale;

Ernia protrusa: da non confondere con la protrusione; essa consiste nello spostamento parziale del nucleo, che quindi lacera le fibre dell'’anulus, ed il legamento posteriore; il nucleo rimane, seppure in parte, attaccato al centro del disco nel quale alloggia normalmente;

Ernia espulsa e migrata: quando vi è fuoriuscita nel canale vertebrale di materiale discale.

La prevalenza nel corso della vita di ernia discale lombare è stata stimata pari all’'1-3% nei paesi occidentali .L’ernia del disco associata a sintomi clinici si manifesta piuù spesso nelle persone di 30-50 anni. Sono considerati fattori di rischio le occupazioni sedentarie e la inattività’ fisica, il sovrappeso . la guida di veicoli a motore prolungata e costante, le vibrazioni , i lavori a elevato impegno fisico soprattutto se comportano abitualmente il sollevamento manuale di carichi, le gravidanze.
L'’ernia del disco lombare si manifesta clinicamente con mal di schiena (low back pain), radicolopatia compressiva sciatica o crurale, limitazione o impotenza funzionale.  La cruralgia è un dolore che corre lungo la coscia anteriormente, mentre il dolore sciatico è un dolore posteriore lungo tutta la gamba, fino al polpaccio o al piede.

La diagnosi si basa essenzialmente sulla raccolta dei dati anamnestici, esame obiettivo con test clinici di coinvolgimento radicolare  (irritativo, deficitario o paretico), la diagnostica strumentale . TAC e RMN lombo-sacrale sono indagini di elezione da effettuare, considerando tuttavia che la RMN visualizza meglio  i tessuti  molli, le alterazioni del tessuto muscolare scheletrico e del tessuto osseo spongioso. La sindrome della  cauda equina  da ernia discale  rappresenta una indicazione assoluta all'intervento di discectomia da effettuare tempestivamente  dall'’insorgenza dei sintomi. La comparsa di deficit motorio in un paziente con  diagnosi accertata di ernia del disco lombare  richiede di prendere in considerazione l’intervento chirurgico. Nei casi in cui sussiste la corrispondenza tra sintomi, segni clinici, immagini diagnostiche si raccomanda di considerare l’intervento chirurgico in presenza i seguenti criteri:

  • durata dei sintomi superiore a sei settimane;
  • dolore persistente, non rispondente al trattamento analgesico;
  • fallimento di trattamenti conservativi efficaci .

Il trattamento dell’ernia può’ essere:

  • Conservativo (riposo,fisioterapia, farmaci ecc .)
  • Chirurgia mininvasiva percutanea (laser od altro)
  • Microchirurgico

Il trattamento va programmato caso per caso, correlando sintomi ed accertamenti radiologici.

L'’intervento di elezione in neurochirurgia per il trattamento delle ernie discali lombari consiste nella Tecnica Microchirurgica  con uso di microscopio operatorio. Tale tecnica ha numerosi vantaggi, tra i quali:

  • Completa visualizzazione delle strutture vertebrali e nervose durante la procedura;
  • Minori rischi di complicazioni dovute ad eccessivo sanguinamento, rottura di radici nervose, lacerazioni del sacco durale , e completa visualizzazione di frammenti discali nascosti;
  • Decorso postoperatorio breve con rapido recupero del paziente all’a attività lavorativa.


Gli aneurismi intracranici.

Gli aneurismi intracranici sono delle dilatazioni focali delle arterie cerebrali e colpiscono circa il 2% della popolazione mondiale. Essi sono il risultato della degenerazione della parete delle arterie cerebrali, causata da difetti congeniti o acquisiti (ad es. legati ad ipertensione arteriosa o fumo di sigaretta).

aneurismi

Alcuni aneurismi sono secondari ad altre patologie intracraniche, quali infezioni o tumori. Tipicamente si distinguono quelli sacculari (i più comuni, con un fondo ed un colletto) e quelli fusiformi, a seconda della loro forma.

Possono localizzarsi in differenti punti dell’albero arterioso cerebrale, sia del circolo anteriore che posteriore. Solitamente si localizzano ai punti di biforcazione delle arterie che decorrono nello spazio sub aracnoideo. Le sedi più frequenti di localizzazione degli aneurismi intracranici sono la arteria carotide interna, la arteria cerebrale media, la arteria comunicante anteriore e la arteria basilare.

Clinicamente possono esordire con un evento emorragico legato alla rottura dell’aneurisma stesso, di cui il più frequente è l’emorragia sub aracnoidea (ESA). Più raramente possono associarsi spandimenti ematici intraparenchimali o subdurali. L’'emorragia subaracnoidea può rappresentare un evento devastante per il soggetto colpito. Può manifestarsi con diversi gradi di gravità, da una cefalea intensa fino al coma, ed è gravata da una elevata mortalità e morbidità, anche legate alle sue complicanze, di cui le più temute sono il vasospasmo, l’idrocefalo ed il risanguinamento.  In alcuni casi l’aneurisma può dare sintomi senza la sua rottura, con un effetto compressivo sulle strutture circostanti, ad esempio sui nervi cranici. In alcuni casi, grazie soprattutto ai recenti progressi neuro radiologici, può essere asintomatico e riscontrato incidentalmente nel corso di indagini svolte per differenti motivi.

La neuroradiologia oggi consente la diagnosi di emorragia sub aracnoidea tramite la TAC. Gli esami specifici per la diagnosi di aneurisma cerebrale, per la corretta pianificazione del trattamento e l’eventuale ricerca di ulteriori aneurismi (gli aneurismi cerebrali possono essere multipli) sono la angio-TAC, la Risonanza Magnetica (RM) con sequenze angiografiche e soprattutto la angiografia cerebrale. 
Il trattamento di un aneurisma intracranico può essere chirurgico (chiusura con clips o altre tecniche) o endovascolare (riempimento della sacca con spirali o tecniche alternative di più recente introduzione). La scelta del trattamento dipende da vari  fattori,  a partire dalla forma dell’aneurisma stesso, dalla sua localizzazione, dal rischio di chiusura di vasi che possono originare dall’aneurisma, ma anche dalle condizioni cliniche del paziente, fattore che influenza anche il timing del trattamento stesso.

Il continuo progresso delle tecniche microchirurgiche ed endovascolari ha consentito di raggiungere delle elevate percentuali di buon outcome dopo il trattamento di un aneurisma intracranico.


Le fratture vertebrali.

Circa l’80% circa dei pazienti con fratture vertebrali traumatiche ha una età compresa tra i 18 ed i 25 anni, incidendo maggiormente sul sesso maschile. Le fratture vertebrali possono occorrere in tutti i segmenti della colonna. Oltre il 20% dei soggetti che presentano un trauma spinale maggiore ad un determinato livello vertebrale hanno un ulteriore danno ad un altro livello, spesso non contiguo. Circa il 10% delle fratture avvengono nella regione cervicale. Le regioni toracica e lombare sono le sedi più comuni di fratture vertebrali; oltre il 50% di questi traumi si incentra nella regione di passaggio toraco-lombare (T12-L1). Le cause principali son rappresentate dagli incidenti stradali (45%), cadute, sport, aggressioni e altre varie cause. Patologie che alterino la normale struttura ossea vertebrale, comportando una maggiore fragilità ossea, quali l’osteoporosi o i tumori, possono associarsi o manifestarsi come fratture vertebrali, spesso senza un chiaro evento traumatico scatenante.

Quando si sospetta una frattura vertebrale, una raccolta dettagliata della storia clinica e della dinamica del trauma sono fondamentali. Un esame fisico e neurologico completo rappresentano la base di valutazione, considerando che spesso alla frattura vertebrale (specie in quelle legate a trauma ad alta energia) si associano lesioni traumatiche di altri distretti del corpo. L’esame neurologico mira a valutare le funzioni motorie e sensitive dei vari distretti corporei; uno schema universalmente accettato è l’ASIA/Iscos Score (vedi fig.).ASIA

La valutazione radiologica permette l’identificazione della frattura, ed è costituita generalmente da Rx e TAC per studiare le componenti ossee e RMN per studiare l’integrità dei tessuti molli, in particolare dei dischi intervertebrali, delle strutture nervose contenute nel canale vertebrale o nei neuro forami, e delle strutture legamentose (il cosiddetto “complesso legamentoso posteriore”). Sono stati classificati diversi tipi di fratture vertebrali nella regione toraco-lombare, sulla base della morfologia della frattura stessa e della soprattutto della meccanica del trauma. Il tipo piu comune di frattura in questa parte della colonna vertebrale è la frattura/compressione, che rappresenta le cosiddette fratture A1 a A2 classificate secondo la classificazione AO/Magerl, seguita dalla frattura/scoppio (“burst”) che rappresenta il tipo A3 secondo la classificazione AO. Altri tipi di fratture sono quelle di tipo B e C, in cui il trauma vertebrale ha una componente traslazionale/rotatoria, con un danno delle strutture osteo-ligamentose posteriori.

fracture

Le fratture della regione cervicale, a partire dalla terza vertebra cervicale (C3) seguono in qualche modo uno schema similare di classificazione, con fratture/compressione e dislocazione/rotazione. Le fratture del distretto cervicale superiore (dalla base del cranio a C2) hanno delle caratteristiche particolari, legate alle peculiarità anatomica di questa regione, per cui si utilizzano criteri classificativi differenti.

Il trattamento delle fratture vertebrali mira a decomprimere le strutture nervose eventualmente intaccate, ridurre la frattura e ricostituire la normale architettura spinale, ottenere una fissazione stabile dei segmenti spinali interessati, prevenendo cosi un ulteriore danno neurologico, ad una precoce mobilizzazione e riduzione del dolore.

Nonostante la ormai pluri-decennale esperienza della comunità medica internazionale nel trattamento delle fratture vertebrali con opzioni terapeutiche largamente accettate, il trattamento ottimale per i diversi tipi di frattura rimane controverso. Solitamente, nel tratto toracico e lombare, la maggior parte delle fratture di tipo A1 e A2 (definite le più “stabili”, cioè resistenti alle forze di carico) può essere trattata in modo conservativo (utilizzo di ortesi fino alla guarigione della frattura).

Le fratture di tipo “instabile”, o che presentino un danno neurologico, o dolore persistente, possono richiedere un trattamento chirurgico. Alcuni criteri radiologici permettono di orientarsi verso una instabilità della frattura, quali ad esempio una lesione del complesso legamentoso posteriore, la riduzione dell’altezza del corpo vertebrale (>50%), un angolo di cifosi locale (>20°) o una obliterazione del canale vertebrale da parte di frammenti del corpo vertebrale (>50%).

Anche il timing del trattamento chirurgico rimane molto dibattuto. Indicativamente, è raccomandabile decomprimere le strutture nervose il prima possibile e stabilizzare la colonna quando indicato, tenendo conto delle condizioni generali del paziente.

Il trattamento delle fratture vertebrali prevede oggi differenti strategie, dal trattamento conservativo alle procedure chirurgiche invasive. Tra i trattamenti chirurgici esistono inoltre diverse opzioni a seconda dell’approccio utilizzato (anteriore, posteriore, combinato).

Il trattamento conservativo con collare (per le fratture cervicali) e busto (per la regione toracica e lombare) mira a mantenere un normale allineamento della vertebre, ad immobilizzare la colonna durante le fasi della guarigione ed a ridurre il dolore limitando i movimenti del segmento colpito, per circa 8-12 settimane. Alcune fratture cervicali possono richiedere una fase di trazione prima della immobilizzazione con collare o Halo-vest, per ottenere un corretto allineamento dei segmenti vertebrali.

Il trattamento chirurgico per le fratture instabili prevede la fusione del segmento interessato dalla frattura con quello/i adiacenti, attraverso la loro fissazione con mezzi di sintesi (placche, cages, barre, viti, uncini…). L’obiettivo è ottenere un ponte osseo solido con le vertebre adiacenti in grado di supportare i carichi. Il processo di fusione può richiedere anche diversi mesi. Le tecniche di instrumentazione oggi si avvalgono nel tratto toraco-lombare prevalentemente delle viti peduncolari (viti inserite nel corpo vertebrale passando attraverso il peduncolo della vertebra stessa) o uncini attaccati alle barre di stabilizzazione. Per il tratto cervicale la fusione intersomatica con cages e l’utilizzo di placche di stabilizzazione anteriore sono le tecniche più comunemente utilizzate.

Le moderne tecniche di  o “rinforzo vertebrale chirurgico” o “surgical vertebral augmentation”  come sono indicate nella letteratura internazionale, rappresentano una alternativa reale al trattamento conservativo dei pazienti con alcuni sottotipi di fratture vertebrali (in particolare frattura/compressione), con lo scopo di ottenere un immediato e duraturo miglioramento del dolore e della disabilità legati alla frattura stessa. Alcune di queste tecniche sono particolarmente indicate in soggetti con “fragilità ossea”, tipica ad esempio dell’osteoporosi. Oggi esistono differenti tecniche di rinforzo vertebrale.

Tali tecniche si sono sviluppate a partire dagli anni ’80 con l’introduzione di particolari “cementi”  (es. PMMA, PoliMetil MetAcrilato)da iniettare all’interno dei corpi vertebrali fratturati; il miglioramento delle tecniche e soprattutto dei materiali ha condotto oggi ad una vasta gamma di procedure percutanee mini-invasive che possono essere così brevemente schematizzate:

-          Vertebroplastica: iniezioni di cemento nel corpo vertebrale fratturato, attraverso specifiche cannule inserite attraverso i peduncoli vertebrali (unilateralmente o più comunemente bilateralmente);  la  procedura è ripetibile nella stessa seduta su eventuali altri livelli colpiti.

-          Cifoplastica: sfrutta sempre l’iniezione di particolari “cementi”  ultraviscosi all’interno del corpo vertebrale, preceduta però dalla creazione di una cavità all’interno della vertebra stessa attraverso differenti tecniche (meccaniche, “con palloncino”, radiofrequenza) con l’obiettivo di favorire il recupero dell’altezza del corpo vertebrale.

vertebroplastica

Le tecniche di rinforzo vertebrale mediante “cementi iperviscosi” possono essere utilizzate anche come ulteriore supporto per tecniche più invasive riservate a differenti tipi di fratture, quali ad esempio il rinforzo con cementi di viti peduncolari in interventi di stabilizzazione interna. Le tecniche di vertebroplastica e cifoplastica presentano generalmente una bassa incidenza di complicanze clinicamente evidenti (da 1 a 5% nelle differenti casistiche internazionali), con bassa morbidità e mortalità, e presentano oggi degli ottimi risultati in termini di riduzione del dolore e della disabilità legata alle fratture.


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